BRACH
commedia su gioco morte eredità
un testo di Thomas Strittmatter

 

 

 

 

 

 

 

 

        

THOMAS STRITTMATTER
NOTE DI REGIA
TESTI
im Kolk
Raabe Bajkal
Gesualdo
Milchmusik

Brach
il testo

HOME

MAIL


 


BRACH
un testo di Thomas Strittmatter
traduzione Antonio Ventresca

con Vincenzo Casaburo, Rossella Grazzini, Rosy Russo

messo in scena a Roma,
RaabeTeatro
5, 6 e 7 novembre
H 21


Brach
è una commedia scritta nel 1983 sulla non comunicazione. I tre personaggi, madre, figlio, amica di famiglia, si affiancano senza mai dialogare e parlarsi veramente e senza evolversi minimamente fino alla fine, che invece consacra lo status quo.

La commedia si gioca così sul filo del non detto, dell’inganno non svelato, delle finte verità, fino a raggiungere una vera e propria falsificazione delle rispettive biografie, per costruire una realtà mistificata in sostituzione di esistenze banali e squallide. I personaggi vivono nella bugia, la coltivano, sperano di portarla fino alla morte, fino a credere davvero all’esistenza fittizia creata ad arte e vivere emozioni e desideri nati nell’illusione e nella menzogna.

I personaggi, diversi per storia e tipo di linguaggio che usano, condividono solo la menzogna che nello stesso tempo li tiene insieme. La sottesa complicità nella menzogna e nella finzione sono l’unico collante dell’intero svolgimento.

Tre vite parallele che nel corso degli avvenimenti si sfiorano soltanto, senza mai entrare in contatto.

Una moglie-madre, simbolicamente ipovedente, che di fronte alla fuga del marito con una donna più giovane lo inventa morto sul fronte russo e conserva in uno scrigno segreto le lettere che gli mandava con tanto di fiori secchi della steppa. Non vede per non dover sapere e cerca di convincersi e di convinceregli altri della realtà fittizia che si crea per non affrontare la realtà e salvare l’apparenza.

Ingo è il figlio eterno adolescente e letargico, malinconico e alle prese con un’infinita tesi di laurea, che finge di battere a macchina con l’aiuto di un nastro registrato. Vive nel ricordo del padre di cui tenta di ripetere le gesta di inguaribile, superficiale dilettante della letteratura, incapace di affrontare la vita. Allergico alla vita e ai pollini vive confinato nella sua stanza, si nutre di cibi asettici e immagina la vita altrui dalla finestra.

L’amica di famiglia, Fanny Mohr, che da semiparassita vive le vite degli altri e che alla fine svelerà il finto segreto per poi rientrare ugualmente nella menzogna. Vive l’inclinazione per il figlio alle spalle della moglie-madre, così come aveva fatto già con il padre, ma la madre finge di non accorgersene.

I tre personaggi si mentono dall’inizio alla fine, ma allo spettatore resta il dubbio che essi stessi credano alla menzogna.

Strittmatter lavora sapientemente al tessuto di accenni, rivendicazioni, doppi sensi, nascondendo e occultando le posizioni, in una sorta di gioco di complicità coi personaggi. A tratti il tutto sembra doversi svelare, così alcune frasi sembrano taglienti e rivelatrici, ma i pochi squarci di verità vengono ricoperti in fretta, per tornare al ritmo soporifero del quieto vivere, al gioco della finzione che la madre impone agli altri.

La regia di Monica Giovinazzi spoglia al massimo la scena per svelare questa rete “oscena” di menzogne reciproche, per mettere sotto i riflettori la finzione, che è la vera protagonista di questo testo teatrale.

Il lavoro si sposta così soprattutto sui personaggi e sul loro apparire monoliti che non vengono scalfiti dal contatto con gli altri e dalla comunicazione. Ogni personaggio alza le proprie difese e cerca di conservare se stesso, per non soccombere, per non dover rinunciare alla propria realtà edulcorata.