BRACH
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THOMAS
STRITTMATTER
BRACH con Vincenzo Casaburo, Rossella Grazzini, Rosy Russo messo
in scena a Roma, |
I personaggi, diversi per storia e tipo di linguaggio che usano, condividono solo la menzogna che nello stesso tempo li tiene insieme. La sottesa complicità nella menzogna e nella finzione sono l’unico collante dell’intero svolgimento. Tre vite parallele che nel corso degli avvenimenti si sfiorano soltanto, senza mai entrare in contatto.
U Ingo è il figlio eterno adolescente e letargico, malinconico e alle prese con un’infinita tesi di laurea, che finge di battere a macchina con l’aiuto di un nastro registrato. Vive nel ricordo del padre di cui tenta di ripetere le gesta di inguaribile, superficiale dilettante della letteratura, incapace di affrontare la vita. Allergico alla vita e ai pollini vive confinato nella sua stanza, si nutre di cibi asettici e immagina la vita altrui dalla finestra.
I tre personaggi si mentono dall’inizio alla fine, ma allo spettatore resta il dubbio che essi stessi credano alla menzogna. Strittmatter lavora sapientemente al tessuto di accenni, rivendicazioni, doppi sensi, nascondendo e occultando le posizioni, in una sorta di gioco di complicità coi personaggi. A tratti il tutto sembra doversi svelare, così alcune frasi sembrano taglienti e rivelatrici, ma i pochi squarci di verità vengono ricoperti in fretta, per tornare al ritmo soporifero del quieto vivere, al gioco della finzione che la madre impone agli altri.
La regia di Monica Giovinazzi
spoglia al massimo la scena per svelare questa rete “oscena” di menzogne
reciproche, per mettere sotto i riflettori la finzione, che è la vera
protagonista di questo testo teatrale.
Il lavoro si sposta così
soprattutto sui personaggi e sul loro apparire monoliti che non vengono
scalfiti dal contatto con gli altri e dalla comunicazione. Ogni
personaggio alza le proprie difese e cerca di conservare se stesso, per
non soccombere, per non dover rinunciare alla propria realtà edulcorata.
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