Il sogno dovrebbe essere afferrabile, per permettermi di scoprire dove si nasconde la minaccia e di lottare contro di essa. Mettiamo Don Chisciotte: lui ha i mulini a vento contro cui scagliarsi. Sente dolore se viene colpito dalle pale del mulino, e vi si può aggrappare se lo trascinano in alto. E se la sua forza non gli basta, sa che cadrà giù. Sa che si spaccherà l'osso del collo, se non si regge forte.
A me non serve a nulla aggrapparmi forte.


 

 



 



THOMAS STRITTMATTER
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BRACH
un testo di Thomas Strittmatter

 

 

 

 

 

 

 

 

6 e 7 novembre H 21

 
  BRACH
(alcuni brani scelti)

Commedia sul gioco,
sulla morte, l'eredità

per giovane uomo e due donne grandi
 

Brach e la madre vivono insieme, in un rapporto di dipendenza reciproca. Brach le fa credere di stare scrivendo la sua tesi di laurea, la madre gli fa credere di aver perduto il marito, il padre di Brach, in guerra e con il figlio tenta di ingannare anche se stessa.

Fanny Mohr, un'amica di famiglia, mette ordine, e gira attorno al figlio così come faceva col padre.

I tre sono appassionati giocatori e appassionati perdenti.

 

Scena simultanea. Due spazi, una cucina in disordine e una camera non in ordine - ci sono molti fogli di carta in giro - luminosa, oscurabile, con molte porte.

Una cucina disadorna e spartana;

Un tavolo, tre sedie, un armadio bianco alto e, accanto all'armadio, appeso al muro, una scatola a forma di tabernacolo. Una grande fotografia del defunto papà listata a lutto. Il tavolo è coronato da un grande e sfavillante tostapane placcato oro.

Nella stanza di Brach libri e vestiti in disordine. Un letto, un piccolo tavolo da campeggio. Nel corso della storia l’appartamento viene rimesso in ordine. L'appartamento alla fine sarà tutto in ordine.


 

Personaggi:

 

Ingo Brach: studente di filosofia figlio di

Madre di Brach: cieca, o meglio, quasi cieca, ovvero, nessuno sa precisamente quanto ci veda

Fanny Mohr: vecchia amica di famiglia, coetanea della madre di Brach, o meglio, un anno più giovane di lei


 

Prologo: Nachtmahr (Incubo)

 

La stanza di Brach: buio.

Un grido improvviso e sorprendente di Brach. Sembra il grido di un uomo che nel sogno venga minacciato a morte.

Brach si sveglia di soprassalto, accende una lampada, è madido di sudore, uno sguardo disperato. Scaraventa via la coperta del suo letto come per difendersi da un aggressore invisibile. Travolge quattro pile di libri che circondano il suo letto.

 

MADRE: a voce alta, preoccupata Ingo, cos'è successo? Per l'amor del cielo, cos'era quell’ urlo terribile?

 

BRACH: riprendendosi pian piano È stato solo un sogno.

 

MADRE: Perché non prendi un sonnifero, se non riesci a dormire.

 

BRACH: Grazie mamma, non ne ho bisogno, io dormo benissimo, altrimenti non avrei sognato.

Tra sé: Non so nemmeno più se si tratti sempre dello stesso sogno. Appena sveglio, ho già dimenticato il motivo del mio terrore. A volte ho l'impressione che ciò che mi perseguita sia qualcosa di invisibile, altrimenti dovrei riuscire a ricordarlo. Come sarebbe possibile, altrimenti, dimenticare un terrore così grande. 

Il sogno dovrebbe essere afferrabile, per permettermi di scoprire dove si nasconde la minaccia e di lottare contro di essa. Mettiamo Don Chisciotte: lui ha i mulini a vento contro cui scagliarsi. Sente dolore se viene colpito dalle pale del mulino, e vi si può aggrappare se lo trascinano in alto. E se la sua forza non gli basta, sa che cadrà giù. Sa che si spaccherà l'osso del collo, se non si regge forte.

A me non serve a nulla aggrapparmi forte.

Andrea non è venuta neppure oggi. Non facciamo più l’amore da mesi, ormai ho smesso di tenere il conto. « Credo tu sia una specie di Don Chisciotte e tua madre è Sancho Pansa», dice. Io penso che non abbia capito nulla di me. E poi ha ricominciato a raccontare dei suoi bambini, di cui non m’importa un cazzo. Lo sa che odio i bambini. Io stesso vorrei essere ancora un bambino per non lavarmi i denti. E poi vorrei ci fosse qualcuno che si scocciasse per questo. Vorrei avere un grosso tubo attraverso il quale farmi scivolare pappette liofilizzate direttamente nello stomaco. Vorrei tanto un'infermiera che mi lavasse e m’infilasse ogni volta un nuovo catetere. E poi ne vorrei una seconda per aiutare la prima a rotolarmi su un fianco e spargere borotalco sul mio povero decubito dovuto al lungo giacere. Mio padre lo immagino accanto al mio letto che scaccia via le mosche dal mio naso. E miamadre, immagino mia madre rinchiusa in un sanatorio, assalita tre volte al dì da attacchi di disperazione. E immagino Fanny Mohr che mi legge brani dal Faust. Andrea invece la immagino che desidera essere messa incinta da me due volte all'anno e così, per assolvere a questo compito, una delle infermiere mi deve necessariamente togliere il catetere ogno volta. Se solo, maledizione, non fossi così letargico. Quante volte - e la storia lo insegna e anche la letteratura, vedi Amleto - quante volte la letargia sfocia in violenza.

E che la nascita sia sofferta. Un nato morto.

Io odio il mondo. E amo me.

Io odio me. E amo il mondo.

Io amo me e odio mia madre.

Io odio me e amo mia madre.

Di mio padre ho già detto che lo odio?

Spegne la luce

Canta piano

Ho pianto nel sonno

Ho sognato che giacevi nella tomba

Mi sono destato e una lacrima

Scorreva ancora giù dal mio viso..

Le vecchie canzoni cattive

I sogni angosciosi e brutti

Lasciate che seppelliamo

Prendete una grande bara

E sapete perché la bara è così pesante

Vi ho nascosto il mio amore e il mio dolore.

Si addormenta russando.


La madre di Brach in cucina. Mangia una fetta di pane in cassetta.

 

MADRE: E’ davvero molliccio questo pane se non si abbrustolisce un po’. Chissà perché Ingo si è fissato proprio su questa marca. L'urlo di questa notte è stato uno dei più strazianti degli ultimi tre mesi. Chissà che non dipenda dalla sua allergia. Certo che Ingo è proprio strano. In questo è tutto suo padre.

Tira fuori una chiave che tiene appesa a una collanina al collo. Apre la porticina del tabernacolo. Tira fuori: lettere dal fronte legate a mazzetti, soffia via la polvere. Prende una scatola e si siede.

È tempo che mi faccia leggere di nuovo qualche lettera da Fanny Mohr, mio caro. La sequenza la conosco ormai a memoria. Berlino. Un paese polacco dal nome impronunciabile. Varsavia. Leningrado. Omsk. Tomsk. Stalingrado. Tenente della riserva. Novosibirsk, dilaniato da una mina. Apre la scatola. Il tuo hobby preferito dopo Bismarck: la botanica. Anche per me, poiché posso sentire il profumo dei petali, scrivi nella tua ultima lettera da Novosibirsk, in modo che io possa immaginare il paesaggio.

Tira fuori alcune foglie e dei petali. Annusa. E in particolare questo petalo annusa, starnutisce, annusa, come se fosse fresco.

Assomiglia sempre più a suo padre. In un certo qual modo. In una maniera imperscrutabile. Ultimamente sulla radio francese ha ascoltato per tre ore una conferenza in francese. Letteratura contemporanea. E dire che non sa neppure mezza parola di francese. Anche suo padre accumulava libri e libri di letteratura francese sui suoi scaffali, e pensare che il francese lo parlavo di gran lunga molto meglio io di lui. Che sciocchezza da parte sua.  Per altre cose era di gran lunga molto meno sensibile, se vi intravedeva anche solo una piccola traccia di amenità. Ora mi avrebbe sicuramente interrotto e avrebbe detto: hai appena portato a termine il capolavoro di utilizzare, quasi nella stessa frase, per due volte la parola " di gran lunga".

Strano, da quando mi era capitato, quasi per caso, ho preso a utilizzare di gran lunga più spesso la parola di gran lunga di quanto non fosse veramente necessario. Ma questo pane in cassetta non tostato è di gran lunga - mio dio ormai lo faccio quasi automaticamente - questo è proprio troppo molliccio se non viene tostato. Infila la fetta morsicata nel tostapane. Ingo oggi sta dormendo veramente tanto. Chiama Ingo. Ingolino! La colazione!

Poverino, ha di nuovo avuto gli incubi stanotte.  Chiama Ingolino! Dormi ancora?

 

BRACH: No, sono sveglio, mamma.

Chiude di fretta la cassetta e nasconde la chiave nel suo Ausschnitt.

 

MADRE: La colazione, Ingo, vieni?

 

Brach nel suo letto.

Su un cumulo di libri c'è una radiosveglia. Segna le 11. Una trasmissione mattutina per casalinghe; uno spot pubblicitario.

Brach ha un soprassalto. Si stende di nuovo. Si rialza lentamente. Prova a strisciare fuori dal letto. Si toglie di dosso un gran numero di coperte.

Infine siede in pigiama sul letto senza coperte. Si toglie il pigiama, sotto il quale veste un altro pigiama. Si toglie il secondo pigiama e le calze. Brach può essere o molto magro o molto grasso.

Brach cerca i suoi vestiti tra le coperte e i pigiami. E comincia a contare:

 

BRACH: Primo: mutande. Secondo: calzamaglia. Terzo: maglietta. Quarto: calzini. Quinto: scarpe. Sesto: camicia.

Si alza e si guarda i piedi.

Settimo: togliere di nuovo le scarpe. Ottavo: pantaloni. Nono: rimettere le scarpe. Decimo: un maglione sopra la camicia. Undicesimo: vestaglia sopra il maglione. Dodicesimo: una giacca sopra il pullover e la vestaglia.

Si veste nell'ordine in cui ha contato. Fischietta la melodia della canzone che stanno mandando alla radio; dì tanto in tanto canticchia "Im wunderschoenen Monat Mai" di Robert Schumann, amore di poeta. Finalmente è vestito, spegne la radio. Ride:

Dalle mie lacrime

Sboccian petali di fiori

Risata

Va allo specchio, si strofina le guance controllando aprendo un po' la bocca durante il gesto.  Una rasatura. Apre di più la bocca. Strofina di nuovo. Possibile che debba di nuovo radermi?

Si ferma all'improvviso. Si irrigidisce. Apre la bocca di nuovo ma con esitazione.

Aia. Si passa piano con la punta degli indici sulle mandibole. Muove piano la bocca. Apre e chiude la bocca. Apre un po' di più. Aia. Aia. Si volta con aria preoccupata. I suoi occhi sono spalancati. Si strofina le mandibole. Si avvicina alla rampa, prudente Mamma! Un po' più forte Mamma!

La madre si avvicina al grande armadio bianco e lo apre. È pieno zeppo di pane in cassetta. Infila la mano e ne tira fuori una confezione., ma in maniera goffa, e ne fa cadere altre. Si inginocchia per terra e cerca a tentoni di recuperare le confezioni cadute. Entra Brach strofinandosi ancora le mandibole. Apre e chiude piano la bocca.

 

MADRE: Ingo, ti prego, mi è caduto qualcosa. Uno o due pacchi di pane in cassetta, mi sono caduti. Dalla tasca del grembiule tira fuori un paio di occhiali scuri e li indossa. Ingo, per favore puoi raccogliermi questo pane?

 

BRACH: si capisce appena, poiché tiene la bocca un po' aperta Il pane? Per terra?

 

MADRE: Sono stata sbadata. Ma in fondo è confezionato. Si alza.

 

BRACH: Sai, mamma, che cosa mi è capitato oggi? Una cosa molto strana. Io credo… di essermi slogato la mandibola mentre mi lavavo.

 

MADRE: Slogata. Per l'amor del cielo, ma non riusciresti neanche più a parlare. Ride. Sai, Ingo, certe volte sei veramente buffo. Si china e cerca nuovamente di recuperare il pane in cassetta. Con il piede Brach spinge le confezioni sotto al tavolo.

 

BRACH: Sai mamma, io credo che il termine slogata non sia esatto. È ovvio che non riuscirei più a parlare. Perché sarebbe un vero e proprio, come si chiama, un vero e proprio…

Raccoglie senza far rumore le confezioni di pancarré da terra.

 

MADRE: Blocco mandibolare. Ingo. Blocco mandibolare si chiama. È quello che vuoi dire, no?

 

BRACH: Si, giusto, blocco mandibolare. Che ci vuole un gancio da pugile per rimetterlo a posto.

 

MADRE: Deve essere molto doloroso. Il pane, non trovo più il pane. Ingo, aiutami, svelto.

 

BRACH: Pensi possa dipendere dal fatto che negli ultimi tempi ho parlato troppo poco?

Si nasconde le confezioni nel pullover

È stato un dolore forte e improvviso al mento, tutto il mento mi faceva male. Non solo le articolazioni, capisci. Come se qualcosa mi avesse punto, sai come se la mandibola strofinasse contro qualcosa.

MADRE: rialzandosi Questo maledetto pane. Ingo, ti prego, dai un'occhiata sotto al tavolo. Forse sta lì.

 

BRACH: Non c'è, mamma.

 

MADRE: Ingo, per favore dai un'occhiata. Non hai nemmeno guardato. Non ti sei proprio mosso, questo riesco a sentirlo.

 

BRACH: Davvero non c’è sotto al tavolo, mamma. Credimi. Oppure pensi che possa dipendere dal fatto che negli ultimi tempi ho parlato troppo?

 

MADRE: Io dico che negli ultimi tempi hai parlato ne più ne meno del solito, Ingo. Ne più ne meno. Si siede.  Accidenti Ingo, tu lo sai, non sopporto quando ci sono cose buttate in giro.

 

BRACH: Ma non c'è nulla buttato in giro per casa, mamma.

Versa il caffè, prima alla madre, poi a se. La madre gli porge una confezione di pane in cassetta. Egli infila due fette di pane nel tostapane.

Ecco, un rumore simile, è stato. Come un "clac". Solo più piano, ovviamente. Come può essere successa una cosa del genere, così all'improvviso?

Brach si alza all'improvviso, va nella sua stanza, chiude sbattendo la porta, ma non entra. Torna sulle punte dei piedi in cucina, tira fuori le confezioni di toast dal maglione, passa dietro le spalle della madre fino all'armadio e lo rimette a posto. La reazione della madre, che sta rivolta verso il pubblico, deve suscitare il dubbio se lei si accorga o meno di ciò che sta avvenendo.

Tira fuori da sotto il letto un piccolo tavolo da campeggio, lo apre e lo sistema davanti al letto. Raccoglie i libri che giacciono nella stanza e li accatasta sul tavolo. Ad ogni angolo del tavolo una pila di libri. Con fare furtivo tira fuori dai libri alcune riviste pornografiche e sempre furtivamente e affannato se le guarda.

 

BRACH:

 

Non per il mio gusto! Pagamento alla consegna. Addirittura prima di colazione. In caso di sessual penuria, per giunger a buona goduria, per placare i tuoi ormoni, ….Ma in maniera molto discreta. L’unico inconveniente era che queste riviste continuavano a piovere incessantemente su di me anche senza nuovo ordine. Ed ero costretto ad aprire io tutti i pacchetti poiché magari dentro c’era qualche almanacco di letteratura che avevo ordinato. E come reagivo io, animale che non sono altro? Ero dentro un circolo sessuoso.

Si alza e spalanca le imposte. Luce chiara entra dalla finestra. Si sporge dalla finestra. Cinguettio di uccelli.  

 

Brach:

È incredibile con quale velocità sopravvenga la primavera. Improvvisamente gli uccelli cinguettano, i prati verdeggiano, il cielo azzurro. La fioritura. In un colpo solo. Come una cosa così possa accadere all’improvviso, ciò è semplicemente strabiliante. Un unico gigantesco mormorio nell’aria, poi uno sfavillio lungo le strade. Si gira. Chissà se questo blocco mandibolare è legato a tutto ciò. Mi pare improbabile. Si, un’ipotesi assurda. Guarda di nuovo fuori. I rumori, la luce, tutto è semplicemente primaverile, diversamente rispetto a ieri. Guarda su. Anche gli aeroplani lasciano scie diverse dal solito.

Improvvisamente starnutisce con violenza allontanandosi dalla finestra. Si appoggia con la schiena al muro. Starnutisce ancora una volta e tutto il suo corpo si contrae. Chiude velocemente la finestra, corre verso il lavandino e si lava il naso con l’acqua.

Dio mio. Dio mio. Si ricomincia. Starnutisce. Questa dannata starnutisce dannata allergia. Mamma! Più forte Mamma! Si reca alla porta. Resta fermo. Starnutisce. Va in cucina. Mamma, le gocce. Le pasticche. Dove diavolo stanno!

 

Madre: Cosa sta succedendo, Ingo. Cosa c’è? Cerchi qualcosa?

Brach: starnutendo Le gocce. Si ricomincia.

 

 

 

 

 

Brach e la madre in cucina. Il viso di Brach è arrossato. Gli occhi lacrimano. Davanti a se una scodella in cui ogni tanto immerge uno strofinaccio con cui poi si bagna, tamponandoli, gli occhi.

Madre: E così è ricominciato, Ingo. Nello stesso giorno, la stessa data dell’anno scorso. Non è strano? Quest’attacco ogni anno nello stesso e identico giorno.

Si alza e sparecchia i resti della colazione.

Se solo sapessi dove hai nascosto le gocce, Ingo.


Brach:
lamentoso Mamma, non io ho messo via le gocce chissà in quale posto. Io le ho lasciate sulla mensola del mio lavandino. Come tutti gli anni.


Madre: Ma tu stesso mi dici che non ci sono, caro.


Brach: Non ci sono, mamma, perché tu le hai tolte da lì.


Madre: Ma lo saprei, Ingo. Io non le ho certo messe via.


Brach: E allora le ha tolte la tua Fanny Mohr.


Madre: Ma Ingo, perché dici sempre la tua Fanny Mohr? Lo sai bene che non posso badare alla casa da sola.


Brach: E tu sai altrettanto bene, mamma, che io devo continuare a lavorare alla moa tesi.


Madre: Ma non volevo dire questo. Certo che devi lavorare. Lo so bene, caro. Compassionevole Se solo sapessi dove hai messo le gocce. Che ne dici se la chiamo e le chiedo se per caso ha visto le tue gocce?


Brach:
trionfante Vedi, adesso lo ammetti anche tu.


Madre: Cosa ammetto anch’io?


Brach: Ecco, che è stata la tua Fanny Mohr a spostare le mie gocce.


Ingo: Ma Ingo, lei è anche la Tua Fanny Mohr.


Brach: D’accordo, bene. Allora mamma, telefona, per favore, alla nostra Fanny Mohr.


Brach torna in camera sua e chiude le tende. Si sdraia sul letto. Bussare. Voce della madre.


Madre: Ingo, mi è appena venuta in mente una cosa. È mercoledì oggi, Ingo.


Brach: Mercoledì o giovedì. Hai ritrovato le gocce, mamma? Sgarbato In questo momento non me ne frega un cazzo di sapere che giorno è. Mercoledì o no.


Madre: Ma Ingo, come mai sei così sgarbato?


Brach: Perché, perdonami mamma, perché ho una terribile allergia. Un’allergia peggiore dell’anno scorso e di due anni fa. Ogni anno che passa è sempre peggio.


Madre: Poverino. Ma io chiedo solo se magari è mercoledì perché Fanny Mohr il mercoledì non è a casa. Oggi è il suo giorno dedicato alla Canasta con la moglie del Dottor Garlach. Se oggi fosse mercoledì.


La madre entra nella stanza. Inforca gli occhiali e ha in mano il bastone bianco dei ciechi.

Volevo andare alla cabina per telefonare quando mi è venuto in mente che oggi è mercoledì.

Va verso il letto di Brach.


Brach: Fai attenzione, mamma. Inciampi al comodino.


Madre: Ma ho il bastone, Ingo. Ma dimmi, riesci a lavorare?


Brach: Si, va molto bene, grazie.


Madre: Ma caro, perché mi ringrazi?


Brach: Ti ringrazio, mamma, perché sei l’unica persona che s’interessa del mio lavoro. Che s’interessa di me e di quello che faccio e di ciò che scaturisce da ciò che faccio.

 
Madre: Sono contenta che le cose procedano per il meglio, Ingo.

 

Brach: Per esempio Andrea non viene da quattro giorni. È stata qui lunedì, l’ultima volta. E tu pensi che abbia chiesto del mio lavoro? Figurati. Però ha raccontato. Ha raccontato dei suoi splendidi e deliziosi bambini, bambini d’oro. E di come vengano su intelligenti, svegli e di quanto siano birichini e dispettosi, ma quanto cari, nonostante tutto. E quanto gli si debba voler bene, ai piccoli.

 

Madre: Ma i bambini sono d’oro. Tu, per esempio, eri delizioso, davvero. Riccioli d’oro e capelli sottilissimi e morbidi, avevi tu. Come un angioletto, davvero.

 

Brach: Mamma, per favore. Mio padre non era certo in grado di riconoscere le fattezze di un angelo, figuriamoci tu, poi, se potevi sapere com’ero io da piccolo. Scusami davvero, ma certe cose non riesco proprio a sopportarle.

 

Madre: Ti riferisco solo quello che mi ha raccontato tuo padre. Offesa. Che io sia cieca lo so da me..

 

Brach: Non volevo dire questo, mamma, perdonami. Da piccolo ero già presuntuoso e ciccione, e già allora avevo la forfora e le guance flaccide. E poi, cara mamma, non continuare a dire che sei cieca. Ti mancano otto diottrie e questo vuol dire che non sei affatto cieca.

 

Madre: Ingo, certe volte mi fai veramente ribrezzo. Prima te la prendi con Andrea, poi con me. E poi anche con tuo padre.

 

Brach: Hai dimenticato la signora Mohr, mamma.

 

Madre: Mio dio, Ingo, hai sempre qualcosa da ridire contro le persone che ti aiutano e alle quali devi molto. Fanny Mohr ci cura la casa, e senza tuo padre e la sua pensione non potresti startene seduto qui nella tua stanza al buio e scrivere un’interminabile tesi di laurea.

 

Brach: ride forte Ecco ci risiamo. “Interminabile”, lo ripeti sempre. Ogni volta che per un motivo qualsiasi sei di cattivo umore la mia tesi diventa improvvisamente “interminabile”. *

 

Madre: Oh mio Ingolino. Quanto mi dispiace. Ma io non sono affatto di cattivo umore. Al contrario, c’è un sole bellissimo fuori. È veramente primavera. Sai cosa penso? Che dovresti uscire un po’. Potresti andare al parco. Sederti un po’ su una panchina, così, rilassarti un po’, pigrare un pochino, Ingo.

 

Brach: si dà uno shiaffo sulla fronte Mamma! Sto qui buttato sul letto e a momenti schiatto per questa maledetta allergia - e per questo sono, lo ammetto, un po’ irritato. Ma come puoi tu venirmi a proporre di andare al parco, dove ogni cosa è infestata dai pollini. Solo al pensiero mi vengono i crampi allo stomaco dallo schifo. Starnutisce Vedi? Solo al pensiero di uscire mi viene da starnutire.

 

Madre: Mio dio, le tue medicine! Ma dove possono essere finite. Ho solo pensato ai tempi passati. Mi ricordo tante giornate di primavera, tutto verdeggiava e fioriva, le cicale cantavano. Un suono piacevole, rassicurante e stimolante insieme. Ti ricordi di quelle volte che pranzavamo fuori, sotto la statua equestre, dove i piccioni la facevano sulla testa di Bismarck…Quanto abbiamo riso. Anche tu, Ingo. E come andavi d’accordo con tuo padre.

 

Brach: Ride forte.

 

Madre: Non lo hai mai perdonato per il fatto di essere morto così all’improvviso. Così all’improvviso e lasciando te da solo, noi. Ti ha lasciato solo in un momento in cui avevi tanto bisogno di lui.

 

Brach: Più tardi, con l’arrivo della pubertà, che ancor oggi considero come un male necessario, mi è venuta anche quest’allergia.

 

Madre: Hai ripreso a starnutire con la regolarità di un orologio svizzero.

 

Brach: …mi sono tornate le eruzioni cutanee…

 

Madre: …occhi arrossati e lacrimanti…

 

Brach: …quest’irritabilità. Lo so che soffri, mamma, che ne soffri tanto.

 

Madre: E io so bene quanto sia difficile per te, Ingolino. Quanto sia stata dura per te dalla morte di tuo padre.

 

Brach: Ancora oggi cerco di saperne di più riguardo a quest’uomo “padre”. Bismarck è sempre stato una sorta di mito per lui…

 

Madre: …un santo, quasi. Eh già.

 

Brach: Ricordo che per ore non gli importava nulla di tutto quello che gli capitava intorno e osservava solo i piccioni che cacavano sulla testa di Bismarck.

 

Madre: Gli si poteva dire o raccontare qualsiasi cosa, ma lui annuiva soltanto, a volte rideva.

 

Brach: …ogni volta che un piccione la mollava. Strano comportamento

per un uomo della sua cultura.

 

Madre: Pensieri e ricordi. Per lui era continua fonte di benessere. Sai, a volte pensavo che di notte potesse uscire di nascosto di casa,  prendere la scala, uno strofinaccio e un detersivo per andare a pulire la testa a Bismarck.

 

Ridono entrambi. Brach ammutolisce all’improvviso.

 

 Brach: Ora l’hai sentito?

 

Madre: ridendo Cosa, mio caro?

 

Brach: Molto chiaramente, molto forte, peggio di prima. Lo schiocco. Muove la bocca, si tasta la mandibola inferiore. Come un clac! Tiene la bocca leggermente aperta.

 

Madre: Per l’amor del cielo, Ingo. Un blocco alla mascella! Gli cerca il viso tastandolo. Brach annuisce, la madre gli tira uno schiaffo.

 

Brach: Ahia! Ma sei impazzita? Si osserva allo specchio. La mia guancia! Tutta arrossata.

 

Madre: E’ così che si fa in questi casi, Ingo.

Brach resta perplesso: la madre va in cucina. Brach incomincia a bagnare delle coperte nel lavandino per poi stenderle alle finestre.

 

Brach: filtrarlo bisogna, questo veleno. Bisogna filtrarli, questi pollini. I pollini aderiscono all’umidità dei tessuti  e arriva aria fresca nella stanza, aria fresca e pura. Io ho bisogno dell’aria pulita come del pane quotidiano. Aria fresca e pulita. Andrea voleva provare a passare oggi. Andrea detesta l’odore di chiuso della mia stanza. Ingo, apri le finestre, mi dice. Per il mio bene. È che io non sopporto troppa luce. Mio padre diceva sempre: ragazzo, sei vuoi lavorare bene, allora hai bisogno di una buona luce. Va al tavolo e mette via i libri. Per oggi ho lavorato abbastanza. Questo maledetto raffreddore da fieno. Questa stupida allergia. Alla mia età. Costruisce con i libri un’unica torre nell’angolo della stanza controllando i titoli.

Rosner: il Baccanale. Nieden: convergenza dei sensi. Despélé: Sequence infernale. Jakob von Gunten: Della liberazione dello schiavo. Jacques Pontillac: di nuovo un francese. Edizione originale 1882. E pensare che il vecchio parlava il francese peggio di mia madre. Che vanità da parte sua, infarcire i suoi scaffali con letteratura in lingua.

Se n’è resa conto persino mia madre. Fa crollare la torre e da sotto il letto tira fuori un registratore a cassette.

Adesso lavoro davvero un po’, cara mamma. Il lavoro procede molto bene, mamma. Senti come procede? Accende l’apparecchio – si sente il ticchettio di una macchina da scrivere.

 

Madre: da fuori È pronto, Ingo. La cena è quasi pronta. Vieni?

 

Brach: piano Come se queste cene richiedessero una particolare preparazione. Forte Lavoro ancora un’oretta, mamma. Sta andando così bene.

 

Madre da fuori Bene, Ingolein. Allora aspettiamo ancora un’oretta. Pausa Sono molto contenta quando procede bene, certe occasioni non bisogna farsele sfuggire. Non è vero, Ingo?

 

 

La madre di Brach è in cucina. Va verso l’armadio. Prende una confezione di pane in cassetta, questa volta con molta attenzione, in modo che non le cada nulla. Si continua a udire molto forte il ticchettio della macchina da scrivere. Va verso il tavolo e apre la confezione di pane in cassetta.


Madre: Mangiate pane integrale, bambini!
Ride. Abbassa la voce e imita una voce maschile. Mangiate pane integrale. Solo pane integrale. Così potrete anche fare a meno di lavarvi i denti. Risata più lunga, mentre infila una fetta di pane tostato nel toast. Adesso Ingo non mangia nient’altro che pane tostato e carne in scatola. Non mi mangia nemmeno un pane bianco fresco. Solo pane tostato del supermercato, e solo di una determinata marca. Da una parte mi risparmio la seccatura della spesa. Ogni settimana dieci scatole di carne in scatola e dieci confezioni di pane tostato. È presto fatto e si cucina in fretta. Si fa per dire, cucinare. Infilo il pane nel tostapane. Riscaldo le scatolette nell’acqua calda. E poi Ingo me le apre. È già da un po’ che mi ha promesso di comprarmi un apriscatole elettrico in modo che possa fare tutto da sola. Ma non ne ha mai il tempo. Le occasioni per farmi un regalo, come per esempio compleanni, onomastici, natale Ingo le dimentica regolarmente. Ma devo dire che ha tante cose da fare, voglio dire che non finisce mai con il suo lavoro. Non conosce sosta. Anche se al mattino riesce a dormire tutto il tempo che vuole, il suo lavoro lo tiene sempre occupato, probabilmente anche nel sonno.

 

Lo chiama Ingo! Hai finito? Metto la carne sul fuoco.

Mette la carne sul fornello, cuoce una fetta di pane.

Scrivi senza sosta, Ingo! Rivolta a se stessa Io dovrei interrompere in continuazione. Non riuscirei a pensare e scrivere così di getto.

Si sente il rumore di uno sciacquone.

Ci sei Ingo?

 

Brach: Ecco, mamma. Finisco questo capoverso e vengo.

 

Il toast è pronto e salta dal tostapane. Immediatamente dopo il ticchettio della macchina da scrivere s’interrompe bruscamente.

 

Madre: tira fuori il toast. Entra Brach.

Il toast è appena uscito. E’ ancora molto caldo.

 

Brach: Così caldo non mi piace, mamma.

 

Madre: E allora lascialo raffreddare un po’. Vuoi del burro?

 

Brach: Burro?

 

Madre: Volevo dire margarina, naturalmente. Margarina.

 

Brach: Si, grazie. Gli porge la margarina. Di un po’. Oggi niente carne?

 

Madre: Ma certamente, Ingo. Dovrebbe essere già calda. Brach si alza, va verso il bollitore elettrico prende la scatoletta dalla pentola e cerca l’apriscatole nel cassetto.

 

Brach: Mamma, dov’è l’apriscatole?

 

Madre: Nel cassetto, caro.

 

Brach: Lì non c’è, mamma.

 

Madre: Ma deve esserci, caro.

 

Brach: Non sono cieco, mamma. Non c’è. Rovista nel cassetto.

 

Madre: Vorrà dire che oggi c’è solo del pane tostato da mangiare. Niente carne.

 

Brach: Questo maledetto apriscatole. Da qualche parte dovrà pur stare.

 

Madre: A volte ho come l’impressione che in questa casa le cose si dissolvano nel nulla. Spariscano. Puff e non ci sono più. Introvabili. Sparite di botto. Ingo, ma come va il tuo blocco alla mandibola?

 

Brach: rovistando furiosamente Che?

 

Madre: Il tuo blocco alla mandibola, di poco fa, Ingo!

Brach: Mandibola? Intendi un dolore forte, come se la parte superiore della mandibola…

Madre: scheuert…

Brach: Ah, ecco a cosa ti riferisci. Si strofina la mandibola. E’ scomparso. Non c’è più. Sai cosa penso? Che non poteva trattarsi di un blocco mandibolare altrimenti non avrei più potuto parlare. Sai che per rimettere a posto la mandibola occorre un pugno forte da boxeur.

Madre: Immagino che sia una cosa dolorosa, Ingo. A proposito, le due confezioni di pane in cassetta che prima per sbadataggine mi sono cadute, sai, le ho ritrovate.

Brach: Beh, devono essermi sfuggite.
Madre: Certo Ingo, giacevano sotto il tavolo. Di un po’, Ingo. Vuoi che domani ti riporti un pane integrale, così, per cambiare? Ricordi quel che diceva tuo padre…

Brach: …mangiate pane integrale bambini, solo pane integrale e vi risparmierete persino di lavarvi i denti. Ricordo ancora. No, grazie, mamma, tanto comunque i denti non li lavo, la ritengo un’operazione dannosa, questi dentifrici con tutta quella roba chimica dentro. Preferisco non lavarli.

 

Madre: Certo, si. Ma credo che ad Andrea la cosa non faccia piacere. Cosa ne pensa a proposito?
 

Brach: E’ naturale che le dia fastidio. Ma non per questo mi voglio rovinare i denti. I due mangiano in silenzio. Ogni tanto Brach starnutisce forte. Poi la madre si alza, Brach la guarda dapprima stupito, poi scettico. Lei si mette il cappotto. Che vai a farti una passeggiata?
 

Madre: Si, una passeggiata. In farmacia. Esce.

Pausa.

Brach impaziente nella sua stanza. Cerca di origliare verso la cucina, per capire se la madre stia tornando. Chiama.

Brach: Mamma. Mamma! Nessuna risposta. Brach prova con uno starnuto. Senza successo. Ride.

Brach: Via, così. E’ sparita l’allergia. Come…come…come soffiata via. Mamma! Mamma! Cerca la madre in tutto l’appartamento. E’ sparita. Un rumore alla porta. Brach respira sollevato. Si precipita alla porta. Vorrebbe aprire. Esita. Si volta, va verso l’armadio e finge di cercare qualcosa. Entra Fanny Mohr.

Brach: Volgendole le spalle rovista nel cassetto. Pensavo già ti avessero investita. Dove cavolo sta quel maledetto aggeggio? Ecco, semplicemente investita. Vrumm e collo spezzato, per esempio. Credo che ne occorra uno nuovo.

Mohr: tira fuori dalla tasca un apriscatole. Solo Fany Mohr porta in questa casa amor. Sono sicuro che ne sentivate la mancanza. Ve ne ho procurato uno nuovo. Quello vecchio non funzionava più. Volevo mettere un po’ in ordine, Ingo.  Ingo si guarda intorno, vede il disordine.  Credo sia necessario. Oggi sono un po’ in ritardo. Sono andata a prendermi alcuni libri per i miei corsi serali. Brach va nella sua stanza. Il collo è ancora intatto. Mohr lo segue. Guarda qui. Un corso serale di danze giavanesi per la fertilità. In primo luogo, ci ha raccontato l’insegnante, la testa deve essere leggera come un piccolo uccellino.  E solo poi viene la pancia. Solo poi si può iniziare a pensare alla fertilità, dice lei. Altrimenti le divinità si infuriano.

Dov’è la tua mamma? A fare spese? L’hai mandata di nuovo a fare compere?

Brach: Ascolta evita questo tono da “hai mandato di nuovo la tua povera mamma cieca”. Per il venti per cento ci vede. Non è cieca. E poi le fa piacere andare a fare la spesa. Va sempre a fare la spesa. Dice che ne ha bisogno.

Mohr: Le fa piacere? La capisco. Ne ha bisogno. Io intanto metto un po’ in ordine. Inizia a mettere in ordine i mucchi di vestiti. Guarda Brach e i suoi strani vestiti. Gli lancia a caso un abito nero che giace lì per terra.

Mohr: Prendi? Opp!

Brach: L’abito nero di papà. Bene, siamo in lutto, oggi.

Indossa l’abito sugli altri vestiti. E’ démodé e non dona a Brach, che rovista nelle tasche e trova un mazzo di carte. Lo tira fuori e mette le carte a ventaglio. Le porge a Fanny Mohr. Prendine una!

 Mohr: Ho vinto?

 Brach: Fai vedere. Dama di picche, la donna nera.

Mohr: La donna nera. Picche porta sfortuna, lutto, morte. Qualche tempo fa hanno tenuto un corso dal titolo: “Superstizione, spiriti. Magia e occultismo nella vita quotidiana.” L’ho interrotto, troppo noioso per i miei gusti.

Brach: Troppo noioso. Va in cucina, guarda dalla finestra, un’auto suona brevemente il clacson. Torna nella usa stanza e guarda dalla finestra.

Quel che mi manca è una svolta. L’improvvisa morte di mia madre. Ad esempio.

Ora l’improvvisa morte di mia madre ha portato la mia vita a una svolta, cara Fanny. Lei è sotto terra. La vedo ancora che giace con il suo vestito blu. Nella chiesa di St. Ulrich. E’ – è stata - una pace assoluta. Da fuori non si notava nulla. L’arte cosmetica dell’Istituto Packs ha fatto di lei una dormiente. Distesa, molto serena, e ciò rendeva il suo collo spezzato un piccolo dettaglio insignificante. Per quel momento, almeno. Forse è per questo che non sento dolore.

Brach  si stende sul letto. Si accende una sigaretta. Fuma. Nel suo testamento aveva scritto che desiderava essere sepolta nella nuda terra. Tira voluttuosamente dalla sigaretta. A mia madre dava fastidio se fumavo. E poi io stesso ho cominciato a detestare il fumo. In effetti non mi piace fumare. Schiaccia la cicca per terra.  Inoltre ingiallisce i denti.

Fanny Mohr raccoglie la cicca, prende strofinaccio e secchio mentre Brach la osserva. Rumore da fuori. 

Brach: Ma che cos’è questo rumore da fuori. Non lo avevo mai sentito. E’ proprio un traffico assassino. Mia madre ha attraversato la strada all’improvviso senza guardare né a destra e né a sinistra…si alza…avrebbe potuto chiedere aiuto agli altri pedoni. Avrebbe potuto chiedere ai passanti. Come se il bastone bianco e gli occhiali da cieca potessero renderla immune contro le auto che giungevano sfrecciando. Non indossava.....

traduzione a cura di Antonio Ventresca