THOMAS STRITTMATTER
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a proposito di TRADUZIONE
di Monica Giovinazzi

NOTE DI REGIA
Monica Giovinazzi
Ho saputo della giovane morte di Thomas Strittmatter da un quotidiano tedesco, e ho ordinato tutti i suoi libri che già non si trovavano più sugli scaffali delle librerie di una città commerciale e sveglis della Germania del nord. Era il 1995 da allora l'approfondimento della sua opera, mia corrispondenza con la famiglia e il desiderio di portare in scena un suo lavoro non mi hanno lasciato in quiete. Troppo simile il modo d'intendere l'arte e la poliedricità necessaria all'espressione, la voglia di comunicare a tutti i costi.


Ho scelto Milchmusik per l’ironia malinconica, la rabbia di chi sa di doversene andare presto e non riesce fino all’ultimo ad abbandonare un seppur minimo desiderio, magari quello kafkiano di trasformarsi in un battere per poter contagiare qualcosa e continuare un viaggio tra le penne di chissà quale schifoso piccione.
La morte comincia il suo lavoro in ognuno di noi in tempi non sospetti ma siamo distratti e non ci va di guardare. E io vedo un uomo vecchio grigio nel grigio, dai movimenti lentissimi. L’uomo offre al pubblico – che lo circonda ed è libero di muoversi - pensieri, ricordi e desideri di una vita prendendo sempre più coscienza della pesantezza che aggrava il suo corpo nell’ascolto incessante e puntiglioso del battito cardiaco.

L’uomo si congeda dal mondo e prende distanza dai suoi desideri per prepararsi a morire. La macchina della morte è già in movimento. La morte è come una macchina di ghiaccio.
Ma nell’istante in cui l’uomo se ne va accade qualcosa d’inatteso… Es pocht unter dem Tisch... qualcosa continua a pulsare sotto il tavolo che attende la tazza, e nell’asfalto sotto il tavolo, e si propaga attraverso le cose e sale e cresce e non smette…. E’ l’arte, la forza che ogni artista lascia immortale. L’arte che fino all’ultimo ha risollevato l’uomo e l’ha messo in tensione e ne ha avviato i movimenti appena percepibili: lei resta nello spazio trasformandone le coordinate.

Che la sua arte possa sopravvivere agli impicci dei venditori e imbonitori, e dei critici che determinano ascese e discese, questo il
mio augurio per Thomas. Arte e denaro: quello che non è vendibile, che non fa guadagno non è arte non lo è più. Un’attenta riflessione, questo il mio augurio per il pubblico  

Quello che mi interessa di più nell’osservazione delle persone , è cogliere le tracce della morte che in loro è già al lavoro

Francis Bacon

Quest’osservare, secondo me, è comune ai due artisti, per questo mi sono ispirata nella performance Milchmusik, alle opere dello straordinario pittore inglese. La messa in scena è concepita in quadri per evitare il rischio di rappresentare un qualcosa, una   narrazione lineare che tanto accomoda il pubblico e per non distrarre dalla profondità delle parole. Nel testo di Strittmatter il protagonista non vive lo scorrere del tempo, concentrato nel decodificare pensieri e desideri. E dunque è stata mia cura evitare concatenazione di causa ed effetto. Per questo i movimenti e le posture non quotidiane stranianti e ingrate per un corpo non  giovane. L’uomo tende inevitabilmente a cadere sotto il peso dei suoi pensieri e del suo corpo senza desiderio.

La scena s'ispira all'atelier del pittore inglese: luogo di stratificazione e spostamento mai di eliminazione. L'uomo di Strittmatter vive nel suo isolamento da un tempo indeterminato. Ha un unico interlocutore: un ragazzo che gli porta da mangiare e qualche notizia del mondo. Il resto lo vede dalla finestra o meglio lo ascolta le rare volte in cui la spalanca.

 
 

 
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