spunti di riflessione
a cura di Raabe

l'inferno dei viventi

 

“…l’inferno dei viventi non è qualcosa che sarà; se ce n’è uno, è quello che è già qui, l’inferno che abitiamo tutti i giorni, che formiamo stando insieme. Due modi ci sono per non soffrirne. Il primo riesce facile a molti: accettare  l’inferno e   diventarne parte fino al punto di non vederlo più. Il secondo è rischioso ed esige attenzione e apprendimento continui: cercare e saper riconoscere chi e cosa, in mezzo all’inferno, non è inferno, e farlo durare e dargli spazio."

Italo Calvino

 

 

 

 

 

 

 

l'ascolto


È tempo di mettersi in ascolto. È tempo di fare silenzio dentro di se. È tempo di essere mobili e leggeri, di alleggerirsi per mettersi in cammino. È tempo di convivere con le macerie e l'orrore, per trovare un senso. Tra non molto, anche i mediocri lo diranno.
Ma io parlo di strade più impervie, di impegni più rischiosi,di atti meditati in solitudine.
L'unica morale possibile è quella che puoi trovare, giorno per giorno, nel tuo luogo aperto-appartato...
Che senso ha se tu solo ti salvi. Bisogna poter contemplare, ma essere anche in viaggio.
Bisogna essere attenti, mobili, spregiudicati e ispirati. Un nomadismo, una condizione,
un'avventura, un processo di liberazione, una fatica, un dolore, per comunicare tra le macerie. Bisogna usare tutti i mezzi disponibili, per trovare la morale profonda della propria arte. Luoghi visibili e luoghi invisibili, luoghi reali e luoghi immaginari popoleranno il nostro cammino.
Ma la merce è merce, e la sua legge sarà sempre pronta a cancellare il lavoro di chi ha trovato radici e guarda lontano. Il passato e il futuro non esistono nell'eterno presente, del consumo. Questo è uno degli orrori, con il quale da tempo conviviamo e al quale non abbiamo ancora dato una risposta adeguata. Bisogna liberarsi dall'oppressione e riconciliarsi con il mistero. Due sono le strade da percorrere, due sono le forze da far coesistere. La politica da sola è cieca. Il mistero, che è muto, da solo diventa sordo.

Un'arte clandestina per mantenersi aperti,

essere in viaggio ma lasciare tracce, edificare luoghi, unirsi a viaggiatori inquieti. E se a qualcuno verrà in mente, un giorno, di fare la mappa di questo itinerario ; di ripercorrere i luoghi, di esaminare le tracce, mi auguro che sarà solo per trovare un nuovo inizio. 
È tempo che l'arte trovi altre forme per comunicare in un universo in cui tutto è comunicazione. È tempo che esca dal tempo astratto del mercato, per ricostruire il tempo umano dell'espressione necessaria. Bisogna inventare. Una stalla può diventare un tempio e restare magnificamente una stalla. Nè un Dio, nè un'idea, potranno salvarci ma solo una relazione vitale. Ci vuole un altro sguardo per dare senso a ciò che barbaramente muore ogni giorno omologandosi. E come dice un maestro: "tutto ricordare e tutto dimenticare."

Antonio Neiwiller

 

 


sull'abitudine

Lentamente muore chi diventa schiavo dell'abitudine, ripetendo ogni giorno gli stessi percorsi, chi non cambia la marca, chi non rischia e cambia colore dei vestiti, chi non parla a chi non conosce. Muore lentamente chi evita una passione, chi preferisce il nero su bianco e i puntini sulle "i" piuttosto che un insieme di emozioni, proprio quelle che fanno brillare gli occhi, quelle che fanno di uno sbadiglio un sorriso, quelle che fanno battere il cuore davanti all'errore e ai sentimenti. Lentamente muore chi non capovolge il tavolo, chi è infelice sul lavoro, chi non rischia la certezza per l'incertezza, per inseguire un sogno, chi non si permette almeno una volta nella vita di fuggire ai consigli sensati. Lentamente muore chi non viaggia, chi non legge, chi non ascolta musica, chi non trova grazia in se stesso. Muore lentamente chi distrugge l'amor proprio, chi non si lascia aiutare, chi passa i giorni a lamentarsi della propria sfortuna o della pioggia incessante. Lentamente muore chi abbandona un progetto prima di iniziarlo, chi non fa domande sugli argomenti che non conosce, chi non risponde quando gli chiedono qualcosa che conosce. Evitiamo la morte a piccole dosi, ricordando sempre che essere vivo richiede uno sforzo di gran lunga maggiore del semplice fatto di respirare. Soltanto l'ardente pazienza porterà al raggiungimento di una splendida felicità. 

Pablo Neruda

il poeta




 

"...il poeta, se è vero poeta, deve  ripetere di continuo a se stesso  “non so”.  Con ogni  sua opera cerca di dare una risposta, ma  non appena ha finito di scrivere già  lo invade il   dubbio  e comincia a  rendersi  conto che si  tratta  d'una  risposta provvisoria e del tutto insufficiente.  Perciò prova ancora una volta        e un'altra ancora,   finché gli storici della letteratura non legheranno insieme prove della  sua insoddisfazione di sé, chiamandole  patrimonio artistico...

Wislawa Szymborska

dal discorso tenuto in occasione del conferimento del Premio Nobel

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