RaabeTeatro presenta

 
IL RESPIRO DI BERNHARD
di Monica Giovinazzi

 

sabato 9 febbraio h 21
domenica 10 febbraio h 21




Il respiro di Bernhard è un omaggio all’autore austriaco Thomas Bernhard.
Suggestionata dal suo romanzo der Atem, Il respiro,
Monica Giovinazzi intesse una performance per muscoli e laringe
in cui s’intrecciano tre modi d’affrontare la vita e la morte:

con frenesia, distrazione, meccanicità
addestrati a tirar via per non pensare soffrire etc
perfettamente in orario puntuali senza perdere una battuta

con impotenza e terrore
sentendosi mai pronti e lasciando scivolare tutto avanti
e rimandare, rimandare
restare fermi, non progredire accidiosamente, codardamente delegare

eppoi
la contemplazione di ogni istante nelle stigmate della carne
un’indagine verticale che seziona la superficie
ma fuori tempo
sempre in ritardo o in anticipo su tutto
incoerente, borderliner

lo spazio scenico comprende tutti ma permette punti di vista diversi
e si trasforma in continuazione
arricchendosi via via di rumori, respiri e liquidi: un’orchestra diretta a vista dalla performer



foto di Germàn

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IL RESPIRO DI BERNHARD
omaggio a T. Bernhard

uno spettacolo di
Monica Giovinazzi

 

La scrittura di Thomas Bernhard, piú che spiraliforme, si potrebbe definire a strati sovrapposti: ciascuno strato modifica quello sottostante in una sorta di macerazione geologica, dove lo strato inferiore, l´incipit, diventa un humus, da cui deriva e a cui fa riferimento l´intero svolgimento del periodo,  spesso sospeso – anche nella respirazione – nell´attesa della conclusione della frase con l'avvento del verbo finale, che libera il lettore che però non avrá piú limpide le parole lette, ma piuttosto un ricordo, un´impressione del percorso tortuoso per arrivare alla fine del periodo. E poi si riparte.

materiali su Thomas Bernhard al sito www.thomasbernhard.at e http://it.wikipedia.org/wiki/Thomas_Bernhard

Il romazo "Der Atem. Eine Entscheidung" di Thomas Bernhard è del 1978 pubblicato in italia da Adelphi nella Collana Fabula (1989)

"Fra monache in attesa che i malati esalino l'ultimo respiro e cappellani ansiosi d'impartire l'estrema unzione, il diciottenne Bernhard, malato di pleurite, si trova nell'anticamera della morte nel reparto degli agonizzanti in un ospedale di Salisburgo. Attorno a lui, l'uno dopo l'altro cessa di respirare. È in quel luogo e in quel preciso momento che lui invece decide di vivere."
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Recensione di Mauro Corso su www.teatroteatro.it

Il Respiro di Bernhard

di Monica Giovinazzi
Al teatro Raabe Teatro di Roma
Dal 09/06/2007 al 10/06/2007

Trama:

Fra monache in attesa che i malati esalino l’ultimo respiro e ansiose d’impartire l’estrema unzione, il malato si trova nell’anticamera della morte nel reparto degli agonizzanti. Attorno a lui qualcuno cessa di respirare. È in quel luogo e in quel preciso momento che lui invece decide di vivere.

Recensione
 

Il nuovo lavoro di Monica Giovinazzi, che trae ispirazione dal romanzo Il respiro di Bernhard, conduce il pubblico all’interno della scena, in una prospettiva claustrofobica e opprimente. Pesanti drappi di tessuto grezzo formano le pareti e le separazioni di un ospedale, non un luogo di guarigione, ma uno spaventoso limbo in cui la morte è perennemente in agguato. E poi arrivano loro, le monache, non dispensatrici di conforto spirituale ma bigotte traghettatrici per l’altro mondo. Esse si aggirano fra i malati studiandoli, giudicandoli, cantando inquietanti filastrocche e certificando il loro stato di salute con freddo distacco burocratico. Gli ammalati invece giacciono, sospesi in uno stato che non appartiene né alla vita né alla morte e in cui è pericolosamente semplice dimenticare di compiere un azione comune e necessaria come respirare.

La stessa autrice definisce questo atto unico un lavoro per “muscoli e laringe”, ma in realtà c’è molto di più. Il respiro di Bernhard è organizzato come un’opera musicale in cui la percezione dello spettatore è divisa fra quello che vede e quello che è celato alla vista ma non al suo orecchio. Per via della particolare struttura di scena gli spettatori si dividono in tre sezioni, ciascuna delle quali ha un’esperienza leggermente diversa rispetto alle altre. Voci, suoni e rumori si acavallano e si sovrappongono da ogni direzione in un’agghiacciante sinfonia da nosocomio fatta di sospiri, annunci di servizio, scrosciare di acqua impura e stagnante fino ad arrivare al secco e tagliente scatto delle forbici. Non meno importanti sono i pochi oggetti portati in scena: i catini di metallo, le flebo sospese in alto che ricordano i sacchetti con i pesciolini da luna park e quelle mele che nella vulgata di San Girolamo sono così legate all’idea di “male”. Questi elementi scandiscono rigidamente la vita ospedaliera, fino ad arrivare alla visita dei parenti, momento amato e temuto da chi viene lasciato in solitudine.

Il respiro non è però un cantico di disperazione, ma un inno alla speranza e alla rinascita, alla forza di volontà del malato che solo con le proprie energie può tornare alla vita. Per questo la rimozione della scenografia diventa un atto catartico, liberatorio, un abbraccio energico e tenero nei confronti della vita. Il grido che conclude la piece è un gesto di trionfo che allarga il cuore e mette in disparte il dolore provato. Davvero notevole il lavoro degli esecutori ed il loro controllo del corpo e della voce.
 

(Mauro Corso)

 





 


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