I RACCONTI
DELLE
MILLE E UNA NOTTE
una parabola del ruolo civilizzatore
della fantasia e della letteratura
novembre 2009
con: Rossella Grazzini, Michela Pirredda, Rosy Russo, Laura Salvi, Marzia Spinelli, Maricla Tagliaferri, Naman Tarcha
Grazie alla sua prodigiosa
capacità inventiva e alle sue raffinate arti affabulatorie, Sherazade salva la
testa dalla scimitarra del boia. Trovando il modo, ogni notte, d’affascinare il
suo sposo e signore, il re Sahrigar, con le proprie storie e interrompendo il
racconto all’alba proprio sul più bello, per mille e una notte riesce a rinviare
l’esecuzione fino a che, dopo quasi tre anni, il sanguinario monarca sassanide
le concede salva la vita e per la coppia s’inizia una vera luna di miele.
Sherazade riesce a compiere un vero miracolo. Non può restituire la vita alle
decine di giovani sacrificate nel corso di un intero anno dal tiranno desideroso
di vendicare, con queste effimere spose d’una notte, l’umiliazione subita per
essere stato tradito dalle precedenti concubine, ma, con le sue arti di grande
narratrice, mitiga la ferinità di questo barbaro che, prima di sposarsi con lei,
era puro istinto e pura passione. Facendogli vivere e sognare vite immaginarie,
lo instrada sulla via della civiltà.
Non esiste nella storia della letteratura una parabola più semplice e
illuminante di quella di Sherazade e Sahrigar per spiegare l’importanza della
fantasia e dell’invenzione nella vita degli esseri umani e il modo in cui esse
abbiano contribuito a riscattarli dai bui inizi della loro storia quando ancora
non erano diversi dai quadrupedi e dagli animali feroci. Ed è questa,
indubbiamente, la ragione per cui Sherazade è uno dei personaggi letterari più
seducenti e immortali di tutte le lingue e di tutte le culture.
Per Sherazade raccontare storie che catturino l’attenzione del re è questione di
vita o di morte. Se Sahrigar mostrerà scarso interesse o noia per le sue favole
lei sarà consegnata al boia alle prime luci del giorno. Questo pericolo mortale
ne aguzza la fantasia e ne perfeziona il metodo portandola, inconsciamente, a
scoprire che tutte le storie, in fondo, sono una storia unica, che, pur nella
lussureggiante varietà di protagonisti e di avventure, hanno comuni radici
segrete e che il mondo della fantasia è, come il mondo reale, uno, diverso e
infrangibile. Al barbaro che ascolta Sherazade e si lascia condurre dalla sua
bravura dentro i labirinti d’una esistenza di fantasia in cui resterà
imprigionato e felice per mille e una notte, quella serie di racconti insegnerà
che, nella violenta realtà di massacri, partite di caccia, piaceri carnali e
conquiste vissute sino a quel momento, può nascere una realtà nuova: fatta di
immaginazione e di parole, impalpabile e sottile ma seducente come una notte di
luna piena nel deserto o una musica meravigliosa, all’interno della quale un
uomo vive le più straordinarie peripezie, si moltiplica in centinaia di diversi
destini, diventa protagonista di atti eroici, di passioni e di prodigi
indescrivibili, ama le donne più belle, soffre per le più crudeli stregonerie,
conosce i saggi più profondi e visita i più esotici paradisi. Quando il re
Sahrigar perdona la sua sposa - anzi, le chiede perdono e si pente dei propri
delitti - è un essere che le favole hanno fatto diventare civile, sensibile,
sognatore.
Le mille e una notte non è, come si crede solitamente, un libro arabo tradotto
nelle lingue dell’Occidente. Le sue origini sono remote, intricate, misteriose.
Si tratta di molte storie - tramandate oralmente o per iscritto, principalmente
di matrice persiana, indiana e araba, ma che provengono anche da altre culture,
alcune antichissime - le più remote delle quali nascono nel IX e X secolo, anche
se soprattutto nel XIII, e, a partire dal 1700, sono state riassunte e tradotte
in francese, inglese e tedesco. Il primo traduttore europeo delle Mille e una
notte è stato il francese Antoine Galland (1646-1715). Questa versione ebbe un
successo straordinario e venne tradotta, a sua volta, in altri idiomi europei.