Ein Schluck Erde - Un sorso di terra

 

di Heinrich Böll

  

adattamento e regia

Stefania Di Nuzzo

 

con

 Vincenzo Casaburo   Marianna Fava    Monica Giovinazzi  

Rossella Grazzini   AnnaRita Picazio    Marcello Ravesi    Rosy Russo  

 

 

Hast du Hunger?

 

 

sabato 26 maggio 2012 ore 21

domenica 27 maggio 2012 ore 19

 


Prima incursione di Heinrich Böll nella scrittura teatrale, il dramma Ein Schluck Erde (un boccone di terra) fu pubblicato in Germania nel 1962. La traduzione italiana recita “Un sorso di terra”.

 L'umanità si è estinta a seguito di una catastrofe di cui si è perso il ricordo; la terra è scomparsa, sull'acqua si aggirano infelici sopravvissuti alla ricerca di tracce dal passato.

 “Il dramma allegorico di Böll è aspramente polemico nei confronti della società capitalistica; l'autore coglie la disumanizzazione e l'incomunicabilità all'interno delle gerarchie sociali, spingendo la rappresentazione della lotta tra gli individui alle estreme conseguenze: la conquista di terra e cibo. La performance, che impegna gli attori in un' incessante ricerca di senso attraverso gli oggetti, isola i temi polemici dentro la dinamica del linguaggio, con l'opposizione tra lingua degli annegati e dei conoscitori; la prima è la lingua naturale che reca ancora un significato condiviso, la seconda è una necessità sociale di copertura e soffocamento delle emozioni. Un nuovo nazionalsocialismo si insinua nella perdita di Umanità, estrema religione dell'autore, che nella figura del Kreste ne crocifigge l'ultimo testimone. (S.D.N.)”
 

Heinrich Böll (Colonia 1917- Bonn 1985) anima il dibattito culturale e politico in Germania e in Europa nel secondo dopoguerra. Autore di racconti, romanzi e opere teatrali, premio Nobel per la Letteratura nel 1972, flagella il suo tempo con un’attenzione polemica instancabilmente diretta contro il perbenismo borghese e la rimozione tedesca del recente passato nazista. Reduce della Wehrmacht e odiatore della guerra (“sorte spaventevole quella di essere un soldato e di dover desiderare che la guerra fosse perduta”), racconta con cruda amarezza la Germania stupidamente distrutta da un conflitto insensato. Cattolico appassionato, denuncia l’uso anestetico della religione da parte delle classi dirigenti e si allontana dalla Chiesa in feroce polemica con il Vaticano. Spirito anarchico, l’anno del Nobel chiede pubblicamente la grazia per i componenti del gruppo Baader-Meinhof. Anticapitalista, attacca la ricca borghesia tedesca a cui nei suoi romanzi, oppone l’antieroe, “la pecora nera”, fautore di una resistenza tanto disperata quanto intrasigente. Nel 1969 invia un mazzo di rose a Beate Klarsfeld, la donna che ha schiaffeggiato in pubblico il cancelliere Kiesinger per il suo passato nazista. Sostenitore del dialogo con Berlino est, ospita il dissidente russo Solzenicyn espluso dall’URSS.